Lettera amore nostalgia

Alla mia Sirena,

Dio solo sa quante volte ho cercato il coraggio di parlarti e farti conoscere la mia piccola verità senza esserci mai riuscito.

In questa lunga notte senza sonno vorrei farti giungere le parole che non ti ho mai dette.

Le ho racchiuse tutte in questa lettera che affido allo sconfinato oceano di internet, sperando che possano giungere sino a te.

Un po’ come farebbe un naufrago che dopo aver messo la sua lettera dentro una bottiglia di vetro la getta nelle acque del mare.

E’ passato molto tempo ma il ricordo di quel periodo è sempre vivo.

Le mie compagne di classe mi chiamavano illuso, i miei amici, pazzo, perché avevo perso la testa per quella ragazza che loro considerano irragiungibile per me.

Quella ragazza sei tu, tu che nemmeno mi conosci, mentre io saprei riconoscere ogni tuo respiro ed ogni pulsazione del tuo cuore.

Adesso mi rendo conto quanto sono stato stupido ad aver rivelato a degli estranei e non a te questa gioia tanto grande da non poter esser contenuta dai confini del mio cuore.

Ogni giorno di notte, quando i ritmi frenetici della città si stemperavano nella quiete, il mio sonno era turbato dall’ansia di rivedere la luce del nuovo giorno.

Contavo i minuti, aspettavo la fine dell’ennesima notte senza riposo e senza di te, consolato solo del fatto che ti avrei rivista nuovamente al solito orario e nel tuo solito posto.

Adesso ahimè nei miei sporadici sogni, rivivo all’infinito l’immagine della piazza con la statua dell’Elefante, dove ti ho vista per la prima alla fine di quel lontano mese di ottobre di qualche anno fa.

Cerco il tuo volto misterioso tra la folla ma non riesco a trovarlo, poi la scena si appanna e inizio a sentire delle voci lontane e confuse.

Come potrai ben capire la tua presenza è stata sufficiente a stravolgere la mia vita, anche se in effetti non sei mai entrata a farne parte.

E’ bastato un attimo, eravamo entrambi in mezzo a quella manifestazione di protesta studentesca, soltanto che, invece degli slogan, cori, e dei mille volti presenti, mi sono girato e l’unica cosa che ho visto e che è rimasta per sempre scolpita nella mia mente è stato un volto bianco come la neve ed uno sguardo malinconico, attenuato da un sorriso sensuale ma distaccato.

Uno sguardo basso che fissava la strada cercando di sfuggire dalla confusione per tornare a rifugiarsi nella sua solitudine.

Ho Sentito il mio cuore esplodere, in quello stesso momento sono morto e sono rinato, mentre tu sparivi chissà dove.

Il tutto è durato si e no dieci, quindici secondi, ma sono stati sufficienti a permetterti di rubarmi l’anima e di portarla via con te.

Tu sei andata via ed io sono rimasto lì immobile, come un cretino a fissare il punto in cui ti avevo vista sparire ingoiata dalla folla che abbandonava il corteo.

Avevi un giubbotto sportivo scuro, i capelli sciolti, un rossetto di un rosso acceso e un paio di jeans molto chiari, quasi bianchi. Il tuo atteggiamento distaccato ma sicuro mi ha dato l’idea di chi il mondo lo vuole dominare e non subire.

Sono rimasto stregato, da quel giorno e per i due anni successivi, ho continuato ad alzarmi dal letto frettolosamente solo per poterti rivedere per dieci secondi al massimo all’ingresso della scuola, mentre aspettavi con i tuoi compagni di classe nel vostro solito posto, il suono della campanella.

Per quei due anni, ogni mia maledetta giornata è durata dieci secondi. Il resto del tempo, era solo vita non vissuta, tempo vuoto da far trascorrere il più velocemente possibile, aspettando l’arrivo dei successivi dieci secondi.
Ogni giorno tu eri sempre li, sempre alla stessa ora, nello stesso posto con il solito zainetto a strisce bianche e fucsia dell’Invicta.

Ed io ero li a cercare di carpire un tuo sguardo. Poi il terribile suono della campanella che ti portava via da me ed il conto alla rovescia che ripartiva inesorabile.

Due anni, più di 700 giorni trascorsi senza aver avuto il coraggio di avvicinarmi. Ormai tutti sapevano di noi, in molti mi deridevano, chiamandomi, illuso, e alla fine anche tu lo avevi capito.

Ricordo degli incontri casuali in via Etnea, duranti i quali a volte sorridevi, ed era bello vederti sorridere, sia perchè il tuo era un sorriso meraviglioso, sia perchè non era una cosa che facevi spesso, il più delle volte però, abbassavi lo sguardo fissando la strada sotto i tuoi piedi.

A modo nostro avevamo iniziato a comunicare pur restando in silenzio, i nostri sguardi hanno iniziato a cercarsi e sfuggirsi allo stesso tempo.

Quando la mattina ti passavo vicino guardandoti con la coda dell’occhio, vedevo che tu ti giravi verso di me e sorridevi come a volermi salutare e lo stesso facevo io, quando eri tu a passarmi accanto.

All’alba di ogni nuovo giorno ero sicuro di trovarti sempre li ad aspettarmi, nel solito angolo, dove avevo pure disegnato un cuore con i nostri nomi, illudendomi che il nuovo giorno mi avrebbe portato il coraggio di parlarti.

Ho iniziato a indossare capi d’abbigliamento scuri, solo perchè avevo capito che a te piacevano, ho iniziato ad apprezzare il rosso acceso, che prima detestavo, solo perché era il colore del tuo rossetto.

Anche tu però, sembrava che mi stessi assecondando. Portavi sempre i tuoi lunghi capelli ondulati sciolti, perché l’unica volta che li hai legati, ho fatto una smorfia di disappunto.

A modo nostro avevamo iniziato a comunicare.

Quante volte ho immaginato che un giorno ti avrei parlato, chiedendoti di essere mia per sempre.

Ma non l’ho mai fatto e oggi per questo mi odio e mi danno.

Dopo essermi diplomato, Mi sono iscritto all’università, mentre tu eri ancora al quinto anno, così ogni mattina, prima di andare a lezione continuavo a passare da scuola per vederti, ed ogni volta mi sembravi sorpresa e contenta di vedermi.

Purtroppo dopo quella terribile notte insonne in cui c’é stato il terremoto, la nostra scuola è diventata pericolante e tu insieme ai tuoi compagni avete iniziato a girare come le trottole per altri istituti, anche con turni di pomeriggio.

Questo mi ha creato non pochi disagi ed una mattina, ho persino pensato che se fossi stato bocciato agli esami di maturità avrei potuto trascorrere un altro anno vicino a te, magari chissà, nella stessa classe, invece di rincorrerti in giro per la città.

Il giorno dei tuoi esami orali di maturità, mi sono alzato presto per venirti a vedere, ma giunto davanti il portone della scuola, i sorrisi denigratori dei tuoi compagni e i loro pensieri poco edificanti nei miei confronti, stavolta più decisivi ed efferati del solito, sono stati l’ennesima dannata goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo tanti attacchi sono riusciti a far leva sul mio stupido orgoglio, e a farmi ragionare esattamente come loro.

Come poteva la studentessa più desiderata dell’istituto provare interesse per un tipo come me, carino si ma come ce ne sono tanti, niente di eccezionale.

Così senza nemmeno combattere ho gettato la spugna e sono andato via, senza nemmeno vederti o farmi vedere da te un’ultima volta.

Così sono uscito dal portone della scuola e dalla tua vita senza, senza aver mai saputo cosa tu pensassi di me.

I giorni sono passati angosciosamente, passa il primo anno in assenza di te ed io continuo ad odiarmi, ed ogni volta che alla radio passano le canzoni; “Tanta voglia di lei” dei Pooh e “Teorema” di Marco Ferradini, mi viene da piangere.

Se potessi tornare indietro a quel giorno, manderei al diavolo i tuoi compagni e le loro opinioni sull’impropabile possibilità che io potessi piacerti.

Salirei le scale velocemente e alla fine del tuo esame, mi avvicinerei al tuo viso con le mani terrei ferme le tue gancie e ti bacerei.

Non mi importebbe più se mi dovessi rifiutare. Anche un tuo schiaffo, uno spintone, il tuo rifiuto o persino se fosse uscito fuori un tuo ipotetico ragazzo, anche se non ti ho mai vista in compagnia di maschietti, sarebbero stati meglio di questa angosciante assenza di vita che provo da quando non ci sei più.

Un terribile “no” sarebbe stato meglio di un atroce “chissà”.

Non ho più la testa allo studio, sono rimasto indietro con gli esami e sono costretto a partire per il servizio militare di leva.

Il giorno del giuramento, vedendo le ragazze dei miei commilitoni mi sei tornata in mente prepotentemente, ti cerco negli occhi delle donne presenti, ma ovviamente non ci sei.

Quando gli altri militari scrivevano lettere alle loro ragazze, io le scrivevo a te ma, non sapendo dove inviarle, piuttosto che tenerle chiuse in un armadietto di metallo, le rendevo libere, donandole ad un ragazzo analfabeta che le spediva poi alla sua ragazza, facendole credere di essere stato lui a scriverle.

Darei tutto per tornare a quel giorno e vederti almeno una volta ancora. Purtroppo la vita è troppo severa, non perdona e non ti concede una seconda possibilità. In compenso le piace ricordarti alcuni tuoi errori all’infinito.

Da quel giorno sono infatti passati passati vent’anni, ogniuno di noi si è fatto la propria vita. Io mi sono sposato e sicuramente anche tu.

Oggi è il compleanno di mia moglie e per un beffardo scherzo del destino anche tu compi gli anni oggi, adesso non ricordo come, ma questa è l’unica cosa che sono riuscito a sapere di te, oltre al tuo nome e cognome.

Così questo giorno per il resto dei miei giorni mi ricorderà di un amore che, forse sarebbe potuto essere il più grande della mia vita, forse sarebbe stato solo un fuoco di paglia, ma che di fatto è rimasto solo una grande incompiuta per colpa del mio orgoglio, della poca maturità e di un coraggio vigliacco.

Nessuno di noi saprà mai come sarebbe andata e questo rimpianto atroce di non aver saputo sfruttare il mio carpe diem, mi tormenterà per sempre.

La vita quando cresci diventa crudele, a me ha impedito di tenerti tra le mie e distante dai miei occhi, obbligandomi però a tenerti per sempre nel mio cuore, tra i pensieri più dolci.

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